Ricorso e reclamo contro gli atti dell’Agenzia delle Entrate, dell’Agente per la Riscossione, Comune e altri enti impositori: il limite di valore e la procedura per la mediazione tributaria.
Prima di depositare in cancelleria un ricorso contro il fisco o contro l’agente per la riscossione è obbligatorio presentare un “reclamo” all’ufficio che ha emesso l’atto impugnato, al fine di tentare una conciliazione con quest’ultimo ed evitare il giudizio. È la cosiddetta mediazione tributaria che ha lo scopo di decongestionare le aule delle Commissioni Tributarie e, in particolare, quelle della Cassazione (ormai ingolfata dai ricorsi in materia fiscale).
Ma come funziona la mediazione tributaria? A ben vedere non si tratta di avviare un procedimento ulteriore rispetto a quello ordinario: come si avrà modo di scoprire qui di seguito, il tutto si risolve nell’obbligo, da parte del contribuente-ricorrente, di attendere 90 giorni dalla notifica del ricorso alla controparte per dare a quest’ultima il tempo per formulare una proposta di definizione della controversia o annullare l’atto impugnato. Solo allo scadere dei 90 giorni senza che sia intervenuta alcuna proposta sarà possibile costituirsi un giudizio, depositando il ricorso presso la cancelleria della Commissione tributaria.
Ma procediamo con ordine e vediamo, più nel dettaglio, come funziona la mediazione tributaria.
Ricorsi per i quali è obbligatoria la mediazione tributaria
La mediazione tributaria è obbligatoria per l’impugnazione di atti di natura fiscale, siano essi dell’Agenzia delle Entrate (compreso il rifiuto alla restituzione di un tributo), dell’Agente per la Riscossione Esattoriale, dell’Agenzia delle dogane, del Comune o della Regione. Sono comprese le controversie in materia catastale.
La mediazione non si applica in merito ai tributi costituenti risorse proprie dell’UE (dazi doganali, accise, IVA all’importazione, ecc.).
La mediazione è obbligatoria solo se il valore della controversia non supera 50.000 euro. Il valore della controversia coincide con l’ammontare del tributo contestato, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate. Per tributo contestato si intende la (sola o) maggiore imposta accertata. Se la lite riguarda esclusivamente l’irrogazione di sanzioni, il valore da considerare coincide con l’ammontare di queste.
Il valore va individuato al momento della presentazione dell’impugnazione, cosicché, se prima della notifica di questa l’ufficio provvede in autotutela parziale a ridurre gli importi accertati, si deve fare riferimento al valore così rideterminato.
Come funziona la mediazione tributaria?
La struttura del reclamo-mediazione è molto semplice e si struttura nelle seguenti fasi:
il ricorrente notifica l’atto di ricorso alla controparte.
il ricorso vale anche come reclamo e può contenere anche una istanza di mediazione. In pratica, ricorso e reclamo sono lo stesso atto che poi verrà depositato presso la Commissione tributaria. Hanno quindi il medesimo contenuto, salvo eventuale aggiuntiva proposta di mediazione con rideterminazione dell’ammontare della pretesa e con la domanda rivolta all’Ufficio di riesaminare e annullare integralmente o parzialmente l’atto impugnato;
il contribuente deve attendere 90 giorni;
solo alla scadenza di tale termine, se la lite non viene definita tra le parti, il contribuente può depositare il ricorso – con la prova della notifica alla controparte – presso la cancelleria della Commissione tributaria, ai fini della costituzione in giudizio.
Il reclamo è esente da bollo. In questa fase non bisogna peraltro versare il contributo unificato che è dovuto solamente al momento dell’eventuale successiva fase avanti alla Commissione tributaria.
A chi va presentato il reclamo-mediazione?
Il ricorso – contenente in sé anche il reclamo e la proposta di mediazione – vanno notificati allo stesso ente impositore che ha emanato l’atto: per l’Agenzia delle Entrate, delle Dogane e della Riscossione la legge prevede espressamente che detti uffici provvedono all’esame dei reclami mediante apposite strutture diverse ed autonome rispetto a quelle che hanno curato l’istruttoria degli atti reclamabili, mentre per gli altri enti impositori la disposizione si applica compatibilmente con la propria struttura organizzativa.
Proprio rispetto a questi enti si rende ancora più evidente la criticità di cui sopra: molto spesso i singoli enti locali (pensiamo ad esempio ai Comuni, i cui uffici tributi gestiscono l’IMU e gli altri tributi patrimoniali) sono strutturati in un solo ufficio che, oltre ad emettere l’atto, sarà poi chiamato a valutarne la validità in sede di mediazione; l’istituto del reclamo altro non produrrà se non un riesame da parte del funzionario che già ha emesso l’atto ed, eventualmente, già ha respinto un’istanza di autotutela o di adesione e l’obbligatorietà di questa fase, evidentemente, non potrà certo agevolare od accelerare il corso della definizione delle liti.
A che serve la mediazione?
Con il reclamo-mediazione si vuol creare una fase preventiva di contraddittorio fra contribuente ed ente impositore in modo da consentire a queste di trovare un accordo – sia su iniziativa del contribuente che dell’ufficio – onde eventualmente rideterminare la pretesa impositiva e ridurre le sanzioni irrogate.
Quanto tempo dura la mediazione?
Come abbiamo detto, la notifica del reclamo sospende il pagamento e la riscossione delle somme dell’atto impugnato fino allo spirare del termine di 90 giorni previsto per la definizione della procedura.
Durante quest’arco di tempo, il fisco o l’agente della riscossione non possono avviare azioni esecutive, pignoramenti, fermi e ipoteche, né il contribuente è tenuto a pagare il tributo per il quale ha presentato ricorso.
Che succede dopo la notifica del reclamo-mediazione?
Una volta che il contribuente ha notificato all’ufficio il ricorso-reclamo-mediazione, quest’ultimo ne esamina il contenuto e la documentazione.
Come anticipato la procedura deve concludersi entro il termine di 90 giorni dalla data di notifica (il termine è sospeso nel periodo feriale che va dal 1° al 31 agosto).
Se l’Ufficio ritiene il reclamo fondato, può:
annullare in autotutela l’atto impugnato. Pertanto la procedura si conclude in questo momento;
accogliere solo parzialmente il ricorso e annullare una parte soltanto dell’atto impositivo; in questo caso, le somme dovute in base alla parte di accertamento non annullata, devono essere versate nei termini ordinari oppure compensate.
La mediazione si perfeziona con il pagamento della prima o dell’unica rata entro il termine di 20 giorni dall’accordo (che si considera concluso al momento dell’ultima sottoscrizione).
Il pagamento può essere effettuato anche in 8 o 16 rate trimestrali secondo quanto detto al n. 88033 e s. anche in merito all’irregolarità dei versamenti e alle ipotesi di decadenza. Se nel corso di una rateazione il contribuente muore, le residue rate vanno versate dagli eredi senza le sanzioni.
Se invece il reclamo viene ritenuto infondato e pertanto viene rigettato, la fase di mediazione si considera conclusa. Ciò può avvenire anche in assenza di un provvedimento esplicito, una volta decorso il termine di 90 giorni dalla notifica all’ufficio. In pratica vale la regola del silenzio-diniego.
In questi casi, il contribuente, può proseguire il giudizio avanti alla Commissione tributaria. A tal fine però deve costituirsi presso la cancelleria della Commissione tributaria entro 30 giorni decorrente dallo scadere di quello di 90 giorni.
L’ufficio può formulare una proposta di mediazione avuto riguardo all’eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell’azione amministrativa.
Per la trattazione del tentativo di mediazione l’ufficio può convocare il contribuente che può farsi rappresentare dal difensore.
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